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Visual Studio 2012 Update 2

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Come è ormai noto, il team di sviluppo di Visual Studio si è impegnato nel rilasciare degli aggiornamenti periodici di Visual Studio che sono denominati “Visual Studio 2012 Update ‘x’”, al posto dei tradizionali Service Pack (SP1, SP2 …).

Gli Update ‘x’ hanno l’obiettivo di correggere i bug rilevati e di aggiungere nuove funzionalità che non erano disponibili in precedenza, permettendo così un aggiornamento continuo dell’ambiente di sviluppo.

Dopo l’Update 1 è ora il momento dell’Update 2 (“Visual Studio 2012 Update 2”) che è stato annunciato proprio ieri nel blog di Somasegar, con un post che illustra anche le principali novità introdotte da questo aggiornamento.

Attualmente il sistema automatico di aggiornamento di Visual Studio 2012 non rileva ancora l’Update 2, ma è comunque possibile utilizzare una modalità“manuale”, scaricando il pacchetto di installazione da qui.

Altre informazioni potete trovarle in questo post del blog del team di sviluppo (anche qui con ampi riferimenti alle nuove caratteristiche introdotte dall’Update 2) e anche nella pagina specifica dedicata ai “Visual Studio 2012 Update ‘x’”.

Il file che viene scaricato è denominato VS2012.2.exe e ha il supporto multilingue, per cui è sufficiente scaricarne uno per aggiornare tutte le lingue installate sulla macchina. Il pacchetto aggiorna tutte le istanze presenti, quindi se avete installato Visual Studio 2012 in versione “full” (per esempio Professional o Ultimate) e anche le edizioni Express, vedrete che il pacchetto aggiorna tutto.

Il pacchetto ha una dimensione di 1.3 Mb, perché si tratta solo di un “launcher”: sarà questo eseguibile che si incaricherà di scaricare il file completo di installazione. La scelta di questo metodo è sicuramente pratica quando si ha una macchina sola da aggiornare, mentre è meno comoda se le macchine da aggiornare sono più di una: in questo caso, infatti, sarebbe più comodo poter scaricare la versione “full” del pacchetto di installazione, da copiare su tutte le macchine da aggiornare.

Questa modalità di installazione è possibile lanciando l'eseguibile con l'argomento /layout da una "finestra DOS", ora chiamata "prompt dei comandi". Il comando  VS2012.2.exe /layout, infatti, vi chiederà di indicare la cartella nella quale volete depositare tutto il pacchetto di installazione e non procederà all'installazione vera e propria. Tale cartella, poi, potrà essere utilizzata direttamente per l'installazione o potrete masterizzare un DVD da utilizzare nelle varie macchine da aggiornare.


Video “Visual Studio 2012 ”–1 Sviluppare le prime applicazioni con Visual Basic 2012

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Ho pubblicato un nuovo video, nel mio sito http://corsi.deghetto.it e precisamente nella pagina dedicata agli sviluppatori, intitolato “Sviluppare le prime applicazioni con Visual Basic 2012”.

Nel video, destinato a chi inizia proprio “da zero”, spiego come si crea la prima applicazione nelle seguenti tecnologie/piattaforme:

- Applicazione Console

- Applicazione Windows Form

- Applicazione WPF

- Applicazione ASP.NET

- Applicazione Silverlight

- Applicazione Windows Store (per Windows 8)

Nelle sei applicazioni affronto lo stesso problema: come si fa a inserire un controllo (tranne in applicazioni Console, ovviamente), come si visualizza una stringa (Label o input da Console), come si legge un valore inserito dall’utente (TextBox o da Console) e come si visualizza una finestra di messaggio (o come si scrive in Console).

Il video dura 48 minuti.

Visual Studio Express 2012 for Windows Desktop: il primo capitolo di un possibile libro

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Ho pubblicato il primo capitolo di un libro che sto pensando di finire e pubblicare su Amazon.it e su ilmiolibro.it. Cosa ne pensate?

A breve vi spiego la filosofia di questa iniziativa...

Nota: è anche il primo esperimento con il servizio gratuito di Youblisher.com che permette di creare una rivista o comunque una pubblicazione sfogliabile come una rivista cartacea: l’esperimento mi sembra particolarmente ben riuscito, anche se il servizio è molto scarno e privo di molti servizi (per esempio non ci sono statistiche delle visite, non si possono pubblicare contenuti a pagamento …).

SQL Server 2012 e 2008 R2 Cumulative Updates

Il boiaro, capitolo I

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Capitolo I

Due secchi e malinconici rintocchi scoccati dalla
campana municipale gli fecero affrettare il passo mentre
percorreva le stradine buie e gelide di un quartiere
periferico: ancora una mezz'ora di cammino e sarebbe
rientrato nel suo rifugio, situato nel cuore della città
ancora sconvolta dalle armi. Ogni tanto qualche sparo.
Un grido e poi il silenzio assoluto. Sembrava di percepire
nell'aria l'odore acre e di morte della polvere pirica.
Da interminabili ore continuavano a cadere fiocchi di
neve da un cielo oscurato dalle nuvole: Ivan Vasil’evic
Nikonov camminava a fatica e intorno a lui c'era un
candido manto bianco che ricopriva le strade, i balconi e i
tetti dei palazzi nobiliari visitati dalla rivoluzione; le
tenebre di quella notte sarebbero state le indiscusse
zarine se ad esse non si fossero contrapposte delle deboli
luci giallognole, emanate da alcune lampade a gas che a
distanza l'una dall'altra di poco più di cinquanta passi
lungo il marciapiede destro, erano poste in cima a dei
lampioni in gran parte arrugginiti. Ivan posò per un
attimo lo sguardo su un lampione che dell'originaria
vernice verde ora conservava solo qualche indelebile
traccia.
Ovunque il gelo regnava e investiva con un mordente
e prepotente abbraccio ciò che si animava e ciò che era
definitivamente morto, mentre il vento portava con sé -
fino a farlo spegnere - il fruscio dei rami dei pochi alberi
che adornavano la strada: mesi addietro il freddo
autunnale aveva divorato le loro foglie. Senza ombra e
con le cortecce tagliate dal gelo attendevano il primo sole
primaverile. Un sole che tardava a venire. Un sole che
uomini e donne attendevano.
Non era per nulla piacevole circolare per quelle
stradine, ma Ivan si sentiva protetto. Non doveva temere
solo per la sua vita, ma anche per ciò che portava con sé;
avvolto nella sua pesante casacca di lana, quest'uomo era
impegnato a trascinarsi dietro una slitta carica di burro e
patate. C'era sempre il pericolo di incappare in qualche
ronda bolscevica nonostante il freddo pungente; ma si sa
che la prudenza non è mai troppa e che tutto può
accadere, soprattutto ciò che non è gradito. Per questo
Ivan si guardava spesso intorno, pronto a cogliere ogni
segnale che potesse indicare la spiacevole presenza di
uomini armati. Da qualche settimana le fucilazioni erano
diminuite, nonostante in tante cantine, soffitte e armadi a
muro ci fossero borghesi ed aristocratici.
"I muri della piazza - si disse tra sé Ivan - sono ormai sazi
del sangue sparso".
Invece non era così. Il Comitato rivoluzionario
cittadino aveva altri problemi da risolvere urgentemente
e contava di riprendere quanto prima la soppressione
dell'odiata e minoritaria razza di uomini che hanno
strizzato i loro simili sin da quando è stato creato il
mondo. Pur di vivere tra le agiatezze ed il lusso sfrenato i
potenti non hanno esitato a spremere il midollo dei
disgraziati contadini e minatori. Ivan tentava di illudersi.
Sperava che il male non lo avrebbe mai toccato. Non
poteva morire lui che era nato per vivere, né poteva
accadere qualcosa che gli avrebbe irrimediabilmente
portato via ogni speranza. Per un attimo fissò la fiammella
di un lampione: una piccola luce che lo rassicurava
nelle tenebre della notte.
"Non potrà capitarmi nulla di male", si disse tra sé
mentre compiva uno sforzo maggiore nel trascinare la
slitta.
Negli ultimi giorni si era allentata la caccia ai nobili
rimasti intrappolati in città, che ora pagavano anche per
quelli che erano riusciti a riparare all'estero e per quelli
che si erano rifugiati nelle zone tenute dall'armata bianca.
Il Comitato rivoluzionario era conscio del pericolo che i
soldati di Kolcak potessero rientrare in città con le loro
insegne, quelle insegne che per secoli avevano rappresentato
il dominio dei pochi sui molti.
"Kolcak riuscirà - disse con un filo di voce Ivan tra sé -
a restituirci la libertà e quanto è nostro. Le acque del Volga non
gli impediranno di arrivare fin qui e questi straccioni si
troveranno con il muso contro i muri della piazza a piangere e
a chiedere clemenza".
Intanto i capi dei bolscevichi erano corsi ai ripari e si
tenevano continuamente in contatto con la capitale, da
dove giungevano notizie ed incoraggiamenti. Il nuovo
governo voleva rappacificarsi con la Germania ed avere
così le mani libere per organizzare e dirigere una fedele
polizia popolare dotata di tutto ciò che le occorreva per
essere sempre efficiente a risolvere i problemi interni al
Paese. La guerra civile doveva terminare in Russia per
essere poi accesa di nazione in nazione fino a quando
tutti gli uomini fossero veramente liberi. Ma cos'è la
libertà? Un altro compito che i dirigenti bolscevichi
intendevano portare a termine quanto prima, riguardava
l'istruzione del popolo: l'ignoranza culturale andava
debellata con un sano indottrinamento e con le nuove
idee che la rivoluzione portava con sé. Prima di insegnare
a leggere e a scrivere bisognava liberare la mente dei
contadini e dei proletari da tutte quelle schiavitù proprie
del sistema imperialista.
Quanti discorsi pronunciati dai capi bolscevichi aveva
ascoltato Ivan coperto dalla sua casacca, confuso tra la
gente accorsa nelle piazze prima di ogni esecuzione
capitale! Ma a lui non interessavano quei propositi, ed
ora che si ritrovava a camminare tra i vicoli semibui non
poteva fare a meno di pensare alla sua prospera fattoria
che un pugno di ignoranti e superstiziosi contadini gli
aveva tolto: com'era possibile, si era chiesto più volte, che
lui potesse perdere la sua proprietà per colpa di alcuni
straccioni che da quando erano usciti dal grembo
materno avevano solo imparato a servirlo con timore e a
provvedere ad ogni suo bisogno? Quella fattoria non
l'aveva forse ereditata da suo padre, che a sua volta
l'aveva ereditata dai suoi antenati? Perché ora questo
mondo crollava portando rovine e lutti?
"Nella vita - si diceva Ivan - ognuno deve imparare ad
accettare il proprio ruolo: non importa se a volerlo povero è
stato Dio o la natura o gli uomini. Se ora ci sono solo guerre
per la conquista del potere, è perché i servi delle campagne e gli
operai delle città si rifiutano di fare quanto spetta loro. Ma
questa irresponsabilità la pagheranno cara e ne risponderanno
con la loro stessa vita. Appena le nostre baionette ripristineranno
l'ordine pubblico, la giustizia trionferà, e i servi riconosceranno
i nobili e i boiari come loro padroni su questa
terra creata per tutti e governata dai ricchi".
Il gelo continuava a mordere il viso di Ivan che
sentiva il dolore delle mani mentre tirava la slitta.
"Kolcak pulirà le nostre città e le campagne infestate dai
bolscevichi eliminandoli, come la Sacra Bibbia suggerisce di
distruggere la pula e la zizzania: bruciandoli!".
Anche lui, a restaurazione avvenuta, ritornerà nella
sua fattoria per riportarvi la sua volontà affinché vi sia la
pace ed i suoi interessi prosperino come è giusto che sia.
"Ci ritornerò con il giudice e con le guardie", si disse tra sé
Ivan mentre scansava una buca.
"Ci ritornerò con il giudice", ripeté ancora, sapendo bene
però che bisognava nominare un nuovo magistrato dopo
che quello di prima si era ritrovato a penzolare dall'alto
di un albero con una fune attorno al collo. Ivan sapeva
anche che mentre impiccavano il giudice, un contadino
gli aveva gridato che non poteva presiedere il tribunale
del villaggio quando proprio lui era il più delle volte
chiamato a fare da imputato.
"Avremo un nuovo giudice", pensò Ivan che non vedeva
l'ora di arrivare nel suo rifugio. "Ma ora basta pensare al
futuro - si disse tra sé - e guardiamo piuttosto al presente".
Bisognava proprio pensare al presente, che sia per lui che
per sua sorella Anastasia, ma anche per la loro cameriera
Nina, significava guadagnare denaro adeguandosi alla
nuova realtà. Una realtà non voluta da loro e nella quale
si erano ritrovati come catapultati. Tante volte Anastasia
gli diceva che avrebbe voluto ritornare nel suo mondo,
ma che ora dovevano adattarsi a questa realtà e trarne
anche dei benefici. C'era infatti il modo di fare soldi.
Molti soldi.
Sia gli aristocratici che quelli che i bolscevichi chiamavano
con disprezzo borghesi, nel trasferirsi precipitosamente
dai loro sontuosi palazzi o dai lussuosi appartamenti
nei rifugi trovati alla buona, si erano portati dietro
quelle ricchezze che erano riusciti a caricarsi sulle proprie
spalle. Barricati nei loro covi attendevano l'ora della
liberazione o della fuga, ed intanto però le loro fortune
venivano inghiottite da chi vendeva generi alimentari alla
borsa nera. Molti nobili furono scovati, arrestati e trascinati
per le strade, e se non subivano il linciaggio
venivano fatti passare per le armi; quanti non erano stati
ancora catturati dalla milizia rivoluzionaria, attendevano
la loro sorte chiusi in locali ristretti, tra ricchezze e paure,
imprecando contro lo sconosciuto che aveva permesso ai
bolscevichi di arrivare a conquistare il potere. Avevano
bisogno di procurarsi del cibo, ed erano pronti a sbarazzarsi
delle loro ricchezze pur di avere uno di quei
pezzi di pane nero che, al tempo delle loro glorie, non
avrebbero dato nemmeno a un cane.
In breve tempo nacque in città una fiorente borsa
nera, dove tutto ciò che era prezioso poteva facilmente
essere barattato con tutto ciò che era commestibile. Pochi
nobili avevano il coraggio di mettere il piede fuori dal
proprio nascondiglio, ma quando i morsi della fame
erano troppo violenti, provavano a confondersi con i
popolani, recandosi nei luoghi o nelle case di chi poteva
vendere. Non mancava chi per istrada veniva riconosciuto,
e sul selciato spesso lasciava il proprio sangue
misto a qualche gioiello o ad un tozzo di pane. Chi
poteva mandava in giro il proprio servo, mentre i più
facoltosi ricevevano nei loro rifugi i mercanti della borsa nera.
In poco tempo Anastasia si organizzò per praticare
questo commercio mandando Ivan nelle estese campagne
che circondavano la città, a procurarsi dai contadini
generi alimentari come patate e burro, mentre lei e Nina
provvedevano a smerciarli. Ivan si era abituato ben
presto a questo lavoro anche se non gli andava di correre
dei pericoli: vestito come un mandriano si accorse di
essere una persona prudente e di saper trattare anche con
i contadini più avidi del circondario. All'inizio Anastasia
ed Ivan dovettero superare mille ostacoli, ma poi iniziò a
filare tutto per il verso migliore. Grazie ad alcune
amicizie che Anastasia era riuscita a coltivarsi nel suo
salotto prima della rivoluzione, poteva ora contare
sull'aiuto di alcuni giovani intellettuali che militavano
nella milizia bolscevica, e che le permettevano di
praticare i suoi lucrosi affari.
"Fino a qualche anno fa non avrei scommesso una rapa sul
loro futuro", amava dire spesso Anastasia quando si
riferiva a quei giovanotti che ora, armati fino ai denti, si
erano appropriati di gradi militari convinti che fosse
giunto il loro momento d'oro. L'appoggio e la copertura
che essi garantivano ad Anastasia aveva un prezzo, ed a
farne le spese erano sempre gli acquirenti.
Alcuni membri del Comitato rivoluzionario conoscevano
molto bene il rifugio di diversi aristocratici, ma 
non intervenivano. Ai nuovi governanti conveniva
proteggere dei nobili della città perché se un giorno,
come essi temevano, la rivoluzione fosse fallita, avrebbe
poi fatto comodo l'appoggio di quanti ora erano
perseguitati e clandestini. Inoltre, far catturare dei poveri
disgraziati significava non poterne più succhiare le
ricchezze che, altrimenti, sarebbero andate perse nelle
casse del popolo.
All'inizio Ivan si mostrò insofferente e timoroso per
questi stretti rapporti con i bolscevichi, ma ben presto le
parole ed i fatti compiuti da Anastasia lo convinsero. Lei,
in fondo, non faceva altro che ripetergli:
"Ciò che diamo con la mano sinistra lo prendiamo con la
destra e durante questo passaggio qualcosa deve pur cadere sul
nostro grembo".
Un qualcosa di sostanzioso, che confortava Ivan
quando nelle prime ore del mattino [continua...].

Tratto dal romanzo "Il boiaro", di C. Silvano, Edizioni del noce 2012, pp. 122.

Il boiaro, capitolo II

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Capitolo II"Ancora pochi passi", si disse fra sé con un filo di voce per premiare le proprie fatiche, ma ebbe appena imboccato il suo vicolo che scorse alcuni uomini armati appartenenti alla milizia rivoluzionaria proprio sull’uscio del suo rifugio. Alla vista di quegli uomini si spaventò tanto che lo stomaco gli si gelò in un attimo. Si tirò subito indietro inciampando nella slitta e cadendo a terra con la schiena sullo spigolo del marciapiede. Per sua fortuna la casacca gli attutì bene la caduta e si procurò solo un leggero dolore alla schiena. Si alzò in fretta. Ebbe un attimo di smarrimento sentendo che tutto il suo corpo tremava: il cuore iniziò a battergli così forte che quasi pareva che volesse uscire fuori dal petto. Cercò di riprendersi, di riacquistare quella calma posseduta sino a qualche minuto prima, e quando si sentì un po’ meglio provò ad affacciarsi furtivamente da dietro al muro per capire se quegli uomini lo avessero scorto, senza rendersi conto che se lo avessero notato se li sarebbe già trovati addosso quando era ancora a terra. I bolscevichi, però, non si erano accorti di nulla e si comportavano come se fossero le uniche persone esistenti al mondo: uno di loro, appoggiato alla porta chiusa del nascondiglio di Ivan, si stava spensieratamente accendendo la pipa, mentre le ombre di altri due miliziani camminavano lungo il vicolo per non congelare. Ivan si ritrasse dopo alcuni secondi che era rimasto lì a guardare, e con i talloni, i polpacci, la schiena e la testa si incollò letteralmente alla parete come se volesse fare un corpo unico con essa. Aveva paura. Iniziò a sudare freddo e non sapeva cosa fare. Doveva pur decidere qualcosa, ma che fare? Doveva forse andare via? Oppure avvicinarsi rischiando la propria vita pur di sapere la sorte di Anastasia? E se sua sorella fosse scappata via, lui avrebbe corso inutilmente un pericolo, anzi si sarebbe fatto catturare quando sua sorella aveva proprio bisogno di lui in un altro luogo, in un altro rifugio della città. Rimase incollato al muro per diversi minuti. Più volte si asciugò il sudore della fronte con la mano avvertendone i calli. In quella notte buia dalle sue tempie corrose dal gelo scendevano copiose le gocce di sudore. Doveva assolutamente trovare una soluzione. Se solo avesse saputo con certezza la fine toccata ad Anastasia avrebbe deciso cosa fare. Se sua sorella fosse stata uccisa non avrebbe esitato ad affrontare i bolscevichi: spinto dalla paura si sarebbe lanciato contro di loro sperando che fosse la prima pallottola a spezzare subito e senza dolore la sua vita, ma se ella fosse stata ancora viva e raminga per la città avrebbe dovuto lasciare la slitta per cercarla e portarla in un posto sicuro. Pensò anche ad una possibile cattura di Anastasia, ma si sforzò mentalmente di cacciare via quest’ipotesi perché allora sarebbe stato troppo difficile scegliere il da farsi. Era nervoso ed impaurito e non gli riusciva di pensare alcunché che potesse aiutarlo ad uscire da una situazione del genere. Intanto iniziava a rendersi conto che non poteva rimanere lì, aspettando che qualcuno, passando, lo notasse e avvertisse le guardie rivoluzionarie. Il pensiero che Anastasia avrebbe avuto bisogno di lui lo assillava. Doveva sbrigarsi! Solo questo riusciva a dirsi. Non trascorse molto tempo, però, che si sentì stanco: le forze lo abbandonavano iniziando dai piedi, per poi coinvolgere le gambe, le braccia ed il capo. Per allontanare da sé la paura provò a fare un corpo solo con il muro incollandovisi con tutte le proprie forze. Continuava a sudare freddo. Si sentiva smarrito ed incapace di prendere una qualunque decisione. Doveva sbrigarsi! I fiocchi di neve continuavano a cadere dall’alto e le campane dell’orologio municipale scoccarono le tre: solo ora si rese conto che aveva trascorso così circa mezz’ora da quando aveva visto i bolscevichi davanti al suo rifugio. Il tempo trascorreva inesorabilmente: attimi e secondi, pur conservando la loro eternità, si susseguivano velocemente l’uno dietro l’altro in una sfrenata corsa. Ed egli, diceva tra sé e sé, stando in quella sua volontaria immobilità, collaborava con quella arcaica forza maligna che voleva la sua morte perché presto sarebbe stato scoperto e fatto prigioniero dai miliziani. Non ci volle molto tempo che le sue gambe si afflosciarono sotto il peso di un corpo incapace di reagire, facendolo cadere a terra come un sacco di patate. Sentiva freddo; era stanco con una testa che voleva scoppiare per dissolversi poi nel nulla. Si accomodò a terra come meglio poté. Al pensiero di non poter reagire provò un senso di nausea per quella vita che i tempi e gli uomini lo avevano costretto ad accettare: vivere in clandestinità, per essere acciuffato, portato dinanzi ad un tribunale e sentirsi fin dentro le ossa la sentenza di condanna a morte; essere condotto dinanzi ad un muro tra le urla e gli sputi dei popolani; sentire le grida di un giovane disertore fatto capitano che fa aprire il fuoco ad un plotone di avanzi di galera; provare il dolore per il piombo che prepotentemente entra nelle proprie carni. Non doveva essere per niente bello sentire delle pallottole roventi conficcarsi in tutto il proprio corpo. E poi... poi essere libero? E chi o che cosa poteva assicurargli che dopo la morte lo sarebbe stato?"Se Dio non esiste - si disse tra sé - io morirò ma non sarò libero". Provò una fitta nel cuore e si rese conto di aver pensato solo ora seriamente a Dio e che Dio poteva anche non esistere. Provò un senso di nausea per quella vita che i tempi e gli uomini lo avevano costretto ad accettare: viveva da clandestino nella propria terra con la paura che presto sarebbe stato scoperto; doveva svolgere un’attività infame che se da un lato gli fruttava parecchio danaro, dall’altro lo esponeva a mille pericoli e lo costringeva a confrontarsi con uomini che considerava suoi inferiori. I contadini che ora facevano mille storie per poche patate, lui un tempo li avrebbe presi a calci fino a fargli sputare l’anima: adesso, invece, doveva scendere a patti con loro, escogitare astuzie per imbrogliare sul peso e improvvisare espedienti per pagarli di meno. Continuava a nevicare. Si tolse il berretto. Chinò il capo verso il petto e dopo aver immerso le mani nella sua folta capigliatura pensò che doveva lavarsi: spesso sudava ed era una grossa fatica trascinare una slitta carica per tutta la giornata. Era stanco. Ora sentiva che il mondo non si sarebbe perso nulla se Ivan, un povero boiaro della sterminata Russia, non fosse mai nato. Lo ripugnava ciò che lo circondava: che valore avevano quei palazzi, quelle lampade accese, quei bolscevichi che stavano davanti al suo rifugio, quelle povere cose che stavano sistemate sulla sua slitta? Che senso aveva per un povero vecchio additato come zarista starsene impaurito in fondo ad una cantina o in cima ad una soffitta in attesa di essere chiamato a pagare per le sue colpe terrene?"Vogliono anche la mia vita - pensò Ivan - ma cosa se ne faranno di me dopo che avranno premuto i grilletti delle loro armi? Non si troveranno davanti ad una carcassa destinata a putrefarsi, e che dovranno seppellire nel più breve tempo possibile? Vogliono forse costruire il futuro di chi nascerà sui morti di oggi?". Gli sembrava che tutto si fosse mosso contro di lui per annientarlo, farlo scomparire per sempre come se non fosse mai nato. Odiava questa nuova realtà. Aveva fatto molto per costruire il suo mondo anche se buona parte delle sue proprietà le aveva ereditate: un tempo possedeva servi e bestie, terre e danaro. Le ricchezze dovevano garantirgli la felicità su questa terra, mentre la religione lo avrebbe dovuto confortare nell’ora della morte promettendogli un altro mondo. Invece ora tutto era andato perduto. I bolscevichi gli avevano tolto le proprietà e la religione. Lui, Ivan Vasil’evic Nikonov, non aveva preso parte alla costruzione di quel mondo dorato che lo aveva generato, ed anche adesso non aveva mosso un dito per instaurare o fronteggiare questa nuova realtà: la Rivoluzione. "Perché - si chiese Ivan - mi è stato tolto ciò che un tempo mi fu dato? Sono forse stato un cattivo amministratore? Il mondo segue il proprio corso senza nemmeno degnarsi o porsi il problema di consultarci: è proprio vero che noi uomini non siamo padroni nemmeno di decidere sui nostri capelli e tanto meno sulla nostra vita?". Al pensiero che uomini diversi da lui potessero ucciderlo per impadronirsi di quei pochi beni che ora teneva sulla slitta, lo fece sentire ancora più impotente. Nei confronti dei suoi nemici non poteva fare altro che maledirli con ogni sorta di frase ingiuriosa: la sua speranza, ora, era che a forza di imprecare si muovesse qualche misteriosa forza naturale capace di colpire sin dentro le midolla i suoi nemici e quel mondo che lo circondava e che lo avvolgeva col proposito di stritolarlo. La neve continuava a cadere. Ivan alzò lo sguardo verso quei deboli fiocchi di neve candida e si chiese se non fosse quello il modo che il cielo aveva per benedire i bolscevichi. "Tutto è contro di me". Si sentiva impotente e dalla sua debolezza non scaturiva che odio. Per un po’ non fece altro che bestemmiare. Era nervoso ed il sudore non accennava a fermarsi, mentre il respiro diventava più affannoso. Sentiva il gelo rodergli le ossa. "Il freddo non è amico mio - pensò Ivan - e tutti sono contro di me". La nebbia dell’avvilimento gli offuscò la mente e decise di uccidersi. Ora come ora preferiva togliersi lui stesso la vita: non gli andava proprio giù il pensiero che un giorno un bolscevico avrebbe potuto gloriarsi di aver ucciso Ivan Vasil’evic Nikonov, un uomo nato boiaro e morto come un miserabile straccione. Diventò rabbioso: dalla tasca della casacca estrasse un coltello, ma le sue dita, arrossate per il freddo e tremanti per la morte che si stava avvicinando, trovarono subito difficoltà a far uscire la lama dal manico. Ivan ritornò per un attimo a posare lo sguardo sull’esile fiammella di un lampione. "Anche tu - le disse Ivan - sei mia nemica perché con la tua piccola luce puoi permettere ai bolscevichi di catturarmi". Si convinse che uccidersi era l’unica cosa che gli restava da fare, e in quei momenti che la lama dal filo tagliente non voleva uscire, maledisse anche lei che stava collaborando con i suoi nemici affinché lui soffrisse il più possibile su questa terra. La lama uscì. Era davvero tagliente. Ora era pronto per morire? Dai suoi occhi vivi sentì uscire una lacrima. Era proprio una lacrima che lui scacciò rapidamente via pulendosi con il bordo sdrucito della manica. Guardò la lama. La maledisse. Poi con decisione impugnò l’arma con entrambe le mani per accostarne la punta al proprio ventre. Chiuse gli occhi e appoggiò la testa al muro. Era pronto. Prima di suicidarsi credette che valeva la pena pensare a qualcuno o a qualcosa. "Non ho bisogno di nessun conforto: ho deciso di uccidermi. Voglio però offrire il mio spirito e questo sacrificio a qualcuno". Pensò a Dio, ma si rese conto che il Creatore non lo avrebbe accettato. "Dio? Ma i bolscevichi dicono che non esiste e che dopo la morte non c’è altro che il nulla. Soltanto il nulla. Maledetti bolscevichi: mi avete tolto anche Dio. Non vi siete accontentati di privarmi solo della mia proprietà e dei miei affetti. Adesso mi costringete a togliermi anche la vita per farmi cadere nel nulla. I bolscevichi hanno sconfitto gli uomini con le armi e Dio e la religione con l’ideologia. Al mondo resteranno solo loro; loro con le nostre proprietà e i nostri corpi senza vita. Sono nato per morire". Se Dio, come dicono i bolscevichi, non esiste, a chi avrebbe potuto offrire allora questo suo sacrificio? Non riusciva a darsi una risposta, ma ora che era pronto a togliersi la vita non c’era nemmeno la necessità di avere fretta. "Appena scorgerò un miliziano affonderò la lama nelle mie viscere". Senza che se ne rendesse conto aveva le mascelle serrate come se stessero in attesa di subire un urto violento con un qualcosa che di lì a poco si sarebbe scagliato con forza contro di loro; un qualcosa che lui non conosceva, ma che doveva essere terribile. Ivan pensò ad un vortice che lo avrebbe di lì a poco attirato velocemente dentro di sé, nel suo vuoto, dove tutto va a perdersi e dove non esiste la memoria. Il respiro, intenso e animalesco, faceva ora ritrarre ora uscire il ventre che tremava e si contorceva internamente per allontanare la punta della lama. A tratti gli occhi si aprivano e si chiudevano nel disperato tentativo di intravedere una possibile via d’uscita: davanti a loro però non c’era altro che il buio ed il gelo. Ivan aveva l’impressione che ogni angolo circostante nascondesse un pericolo. Sentiva tutta la stanchezza del corpo e dei muscoli che aspettavano con ansia il momento in cui sarebbe sopraggiunta la morte, la fine, la loro fine. Avvertiva una strana debolezza nei polsi nonostante nelle loro vene il sangue continuasse a fluire, a pulsare, a combattere per la vita. Voleva concentrarsi e pensare che bastava solo un attimo per togliersi la vita. "Andrò incontro al nulla. Non importa. Del resto anche qui non ho che il nulla. Un semplice movimento delle braccia, anche minimo, e morirò. Lentamente, ma morirò". E mentre cercava la forza per compiere questo gesto, aspettava pure che si aprisse uno spiraglio davanti a lui, capace di fargli rimettere il coltello in tasca. "Finché c’è vita c’è speranza", si ripeté più volte senza accorgersi che stava lacrimando. Ma cosa poteva capitare in questo momento per impedirgli di ammazzarsi? "Nulla", si disse tra sé. Si rese conto che in fondo non era capace di uccidersi, ma neanche tanto coraggioso da poter continuare a vivere. Era solo consapevole che questi pensieri gli stavano torturando l’anima. La sua vigliaccheria e la sua voglia di vivere gli concessero allora di abbandonarsi al sonno, e dalle sue mani il coltello scivolò a terra. Quella notte, accovacciato ai piedi del marciapiede, non poté dormire come avrebbe voluto e delle immagini offuscate dalla paura gli fecero rivivere i tempi andati quando era un boiaro, un padrone.

JAVA - Esercizio di Fondamenti di Informatica (Codice)

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JAVA -   Esercizio di Fondamenti di Informatica (Codice)


Esercizio per il corso di Fondamenti di Informatica, Uni Roma Tre .
L'obbiettivo dell'esercizio sfruttare la classe Libro e creare un metodo di ordinamento di un ArrayLibri .

CODICE JAVA : (File : Libro.java )
CODICE JAVA : (File : ArrayLibro.java )
public class ArrayLibro{
	public static void main (String [] args){
		Libro[] elencoLibri;
				elencoLibri = new Libro[9];
				elencoLibri[0] = new Libro("Esopo","Le storie dell'asino",20,1993);
				elencoLibri[1] = new Libro("Italo Calvino", "Il visconte dimezzato",158,1993);
				elencoLibri[2] = new Libro("Esopo","Le storie del cane",20,1992);
				elencoLibri[3] = new Libro("Esopo","Le favole piu' belle",98,2012);
				elencoLibri[4] = new Libro("Giovanni Rodari","Filastrocche lunghe e corte",80,2000);
				elencoLibri[5] = new Libro("Italo Calvino","le cosmicomiche",250,1992);
				elencoLibri[6] = new Libro("Gianni Rodari","Enciclopedia della favola",1120,2013);
				elencoLibri[7] = new Libro("Italo Calvino","Il barone rampante",135,3000);
				elencoLibri[8] = new Libro("Fratelli Grimm","Raperonzolo",36,1896);
				ordina(elencoLibri);

				stampaElencoLibri(elencoLibri);

	}


	public static void ordina(Libro[] a){
		int n = a.length;
		int i;
		Libro j  = new Libro();
		boolean v;
		int k;
		for (i=1;i<n;i++){
			j=a[i];
			v=true;
			k=i;
				while (v&&k>0){
					//Se sono uguali i nomi 
					if(  j.getAutore().equals(a[k-1].getAutore()) ){
						//Se sono uguali i nomi verifico l'anno
						if(j.getAnno()<a[k-1].getAnno()){
							a[k]=a[k-1];
							k--;
					    }else{
					    	v=false;
					    }
					}else{
						//I nomi non sono uguali ora verifico il primo carattere di ogni parola
						if(j.getAutore().charAt(0)<=a[k-1].getAutore().charAt(0)){
							a[k]=a[k-1];
							k--;
						}else{
							v=false;
						}
				    }
				a[k]=j;
				}
		}
	}
	public static void stampaElencoLibri(Libro[] elencoLibri){
		System.out.println("====================================");
		System.out.println("========== ELENCO LIBRI ============");
		System.out.println("====================================");
		for(int i = 0 ; i<elencoLibri.length;i++)
			System.out.println(elencoLibri[i]);
	}
}
Nota bene : Il codice non è ottimizzato.

By ImaginSystems & Queen Gin

Elezione del Presidente della Repubblica

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Oggi pomeriggio Parlamentari e Grandi elettori procederanno con la quarta votazione al fine di eleggere il neo Presidente della Repubblica italiana. In riferimento al Presidente, più che parlare di "carica" bisogna parlare di "responsabilità" perchéè di senso di responsabilità che abbiamo urgente necessità in questa nostra Italia. Abbiamo bisogno di una figura istituzionale riconosciuta e stimata almeno dai due terzi del Paese, altrimenti rischiamo di non superare le divisioni, di non migliorare le nostre leggi, di non dare una risposta concreta a chi ha problemi economici. Cosa farà il futuro Presidente della Repubblica italiana? Spero che il suo primo passo sia quello di invitare i parlamentari che hanno avuto e che hanno ora problemi con la giustizia, a dimettersi dal loro incarico. Potrebbe essere un buon inizio!

Il boiaro, capitolo III

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Capitolo III


La fattoria di Ivan Vasil’evic Nikonov distava poco più di cinquanta chilometri dalla città, e circa sei dal villaggio; era costituito dalla casa padronale che si presentava come un edificio a tre piani: il primo era in muratura, gli altri due in legno. La casa fu costruita dal padre di Ivan quando lui aveva solo qualche anno. Davanti c’era un largo spiazzo di terra battuta ombrata da sei querce che il tempo aveva dimenticato: sui loro tronchi c’erano le impronte lasciate dai freddi invernali. Ai lati di quest’aia trovavano posto gli ovili, i porcili, le stalle con i fienili e due edifici - anch’essi in parte in muratura, in parte in legno - che ospitavano una decina di famiglie di contadini che lavoravano la terra del loro padrone, Ivan Vasil’evic Nikonov.

Dietro la casa padronale c’era un bosco di betulle delimitato da un muro alto almeno due metri. Al padrone piaceva trascorrervi molte ore, e per questo lo zoppo Glinka si preoccupava di tenerlo sempre in ordine, pulendo i viali dalle foglie, tagliando i rami secchi delle betulle e compiendo tutti quei piccoli lavori necessari al mantenimento del decoro del giardino. Glinka faceva bene attenzione che a qualche ragazzino un po’ curioso non venisse l’idea di valicarne il muro: la frusta dei padroni - prima quella del padre e poi quella di suo figlio Ivan - faceva sempre male, e solitamente le prime frustate che un contadino ricordava erano quelle prese quando da bambino aveva tentato di visitare il giardino.

In un angolo dell’aia c’era una cisterna profonda poco più di dieci metri da dove si attingeva l’acqua per il padrone, per le bestie e per le famiglie dei contadini. La vita quotidiana di questa piccola comunità rurale era dunque l’aia, ed era proprio qui che ogni sera, con il bello o cattivo tempo, Ivan convocava i contadini e ad ognuno assegnava un lavoro per il giorno dopo. Ed era anche qui che nel mese di ottobre venivano sgozzati e macellati i maiali allevati nella fattoria, e che il commerciante Boris Viktorovic Kaširin provvedeva ad acquistare per smerciarli in città.

L’uccisione dei maiali avveniva come se fosse un arcaico rito annuale, ed era d’obbligo la partecipazione di tutta la comunità. Nei primi giorni di ottobre si provvedeva ad accatastare una gran quantità di legna nelle adiacenze della cisterna e, quando tutto era pronto, si accendevano due fuochi in due punti dell’aia abbastanza distanti tra loro. Veniva fatta bollire una gran quantità d’acqua per lavare le pelli e le viscere degli animali appena uccisi. Qualche giorno prima del macello si incaricavano due giovanotti di affilare i coltelli ed altre armi bianche necessarie per l’occasione, e i due si davano il cambio nel far girare una pesante mola bianca.

Quando l’acqua bolliva e le lame luccicavano sotto il sole di ottobre, con un cenno deciso della mano, Ivan indicava ad un gruppetto di uomini gli animali custoditi nel recinto che fino ad allora avevano ignorato la sorte che li attendeva. Era allora che i contadini, armati di funi, entravano nei porcili per agguantare un animale: non si faceva alcuna distinzione tra un animale e l’altro. Erano tutti maiali. Entro quella giornata tutti i porci sarebbero stati uccisi e con le loro carni il padrone si sarebbe arricchito. Uno per volta gli animali venivano legati e trascinati nell’aia, e mentre alcuni uomini lo trattenevano, uno di essi, Igor’, servendosi di un coltello dalla larga lama, provvedeva a squarciargli la gola e a far colare tutto il sangue in un recipiente. Il sangue veniva poi affidato alle cure di una donna che lo mescolava di continuo affinché non coagulasse. L’animale ucciso veniva poi issato su un robusto ramo di quercia, ed un uomo aiutato da un ragazzo provvedeva a macellarlo. Intanto il gruppetto di uomini ritornava nel porcile per catturare un altro animale, e poi un altro, e ancora un altro, fino a tarda sera. Le donne, chiamate a gran voce dagli uomini, si davano da fare andando avanti e indietro per tutto lo spiazzo portando acqua bollente lì dove occorreva. Al grido del maiale di turno che veniva portato al macello si univa quello dei compagni rinchiusi nel recinto e che solo ora presagivano la loro fine. Anche i cani, eccitati dalle urla e dall’odore del sangue sparso nell’aria, prendevano parte a questo macabro rito con il loro incessante abbaiare. Il padrone girava per l’aia, assicurandosi personalmente che ogni servo eseguisse il lavoro affidatogli con diligenza e senza che nulla andasse sprecato o perso. Con modi bruschi e irriguardosi Ivan mandava le donne a prendere l’acqua, e infieriva contro i due giovanotti che avevano affilato i coltelli perché ce n’era sempre qualcuno che non tagliava bene. Le lame affilate male venivano nuovamente passate alla mola ed Ivan in persona si assicurava che la pietra bianca fosse stata bagnata a dovere. Il padrone faceva anche bene attenzione alle viscere appena estratte dagli animali per verificare che fossero sani, ed in ogni momento e per tutti aveva un ordine da impartire, che uomini, donne e ragazzini prontamente eseguivano. Le carni macellate venivano riposte con cura in un deposito in attesa del giorno dopo, quando sarebbe arrivato Boris Viktorovic Kaširin con i suoi carri. Intanto il fumo dei fuochi, portando con sé un acre odore unito a grida e a sangue, si innalzava verso il cielo, come un’offerta sacrificale a primitivi dei. Man mano che la giornata trascorreva, i grugniti dei porci andavano scemando per la stanchezza, ma anche perché diventavano sempre meno e si rassegnavano alla loro sorte.

A sera anche gli uomini erano stanchi: avevano completato la loro opera e si recavano a dormire. Nell’aia arrivavano le prime ombre della notte che avvolgevano le querce e le case. Con le tenebre solo qualche cane si aggirava per lo spiazzo alla ricerca di qualcosa da mangiare, ma non vi trovava nulla. Il padrone, nella quiete della sua camera, restava sveglio fino a tarda notte pensando ai guadagni che avrebbe ricavato col lavoro di quella giornata.

Ma l'aia non registrava una frenetica attività solo quando bisognava macellare i maiali: in occasione della mietitura, infatti, il cortile diventava il punto di raccolta del grano e del fieno.

Prima di andare a lavorare nei campi i contadini si riunivano nell'aia, in modo che il padrone formasse delle squadre assegnando ad ognuna di esse un campo. Poi, al tramonto, quando gli uomini ritornavano nel cortile sudati, carichi dei covoni e con gli arnesi logorati dal lavoro, ascoltavano in silenzio le imprecazioni del padrone che esigeva più lavoro ed affidava nuovi terreni da mietere. Nel tardo pomeriggio, prima che facesse buio, il padrone faceva solitamente sistemare un tavolino con una sedia nell’aia, e servendosi di un pezzo di carta calcolava il valore di ciò che era stato raccolto. Anche se il suo cuore sprizzava di gioia per i guadagni che si prospettavano, davanti ai volti stanchi dei suoi contadini non si mostrava mai soddisfatto.

E così, il giorno dopo, alle prime luci dell’alba, i contadini si trovavano già nei campi, mentre le donne si raggruppavano nell’aia per lavorare le spighe. Ivan, seguito dal suo fedele fattore Andrej Svjatoslavov, si recava spesso nei campi per controllare di persona la mietitura. Stando a cavallo sorvegliava i servi, e se doveva richiamare un contadino che mostrava qualche segno di stanchezza, non ci pensava due volte ad insultarlo con la sua potente voce ed il vigore dei suoi trentacinque anni, alzandosi spavaldamente sulle staffe della sella e brandendo minacciosamente un frustino.

Quando la mietitura terminava, arrivava Boris Viktorovic Kaširin. Ivan lo faceva accomodare nello studio situato al primo piano della casa padronale, e i due si mettevano a discutere sul prezzo e sul peso. All’inizio sembrava che i due non sarebbero riusciti mai a trovare un accordo e spesso fuori, sull’aia, i contadini ascoltavano ogni genere di imprecazioni. Alla fine, come di consueto, veniva sempre trovata una soluzione che soddisfacesse entrambi e così i contadini ricevevano l’ordine di caricare i carri. Boris Viktorovic Kaširin si portava via il frutto del loro lavoro. Il grano, infatti, veniva portato in città, dove l’acquirente possedeva un mulino.

Nelle serate invernali - dopo aver accudito gli animali - i contadini erano soliti riunirsi [continua...]

Giovedi' 25 Aprile 2013

Il boiaro, capitolo IV

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Capitolo IV In genere una volta al mese Ivan, accompagnato da un giovane servo, si recava in città da sua sorella, che viveva in un lussuoso appartamento grazie alle rendite che aveva ereditato dai genitori. Anastasia aveva al suo servizio Nina, una cameriera che era anche la sua confidente, ed un’anziana donna addetta alle cucine. Anastasia amava la vita di città. Le principali sale del suo appartamento erano ammobiliate con pregevoli mobili fiorentini ed erano addobbate con tende di velluto rosso porpora. Alle pareti non mancavano pregevoli quadri di autore, e in qualche angolo faceva bella mostra di sé il mezzo busto in marmo di qualche illustre personaggio. Le quattro finestre principali dell’appartamento si affacciavano sulla più importante via cittadina, dove c’erano i palazzi del potere e i negozi più conosciuti. Nello stesso stabile dove lei abitava al terzo piano, dimoravano anche alcuni dei personaggi più in vista dell’aristocrazia. Durante i suoi brevi soggiorni in città, ad Ivan non piaceva proprio andare in giro per le strade, come faceva invece Anastasia, che aveva l’abitudine di visitare i suoi negozi preferiti quasi tutti i giorni. Arrivato a casa di sua sorella, Ivan era capace di restarsene chiuso anche per giorni tra quelle stanze dove si respirava un intenso profumo femminile. Di rado si affacciava dalle finestre: sotto di lui la strada brulicava di gente, e lui provava un senso di smarrimento alla vista di tante persone che passeggiavano, conversavano e facevano acquisti anche fino a tarda ora sotto la luce dei lampioni. Anastasia, invece, amava immergersi nella folla e scrutare con la coda dell’occhio quanti sfoggiavano vestiti eleganti e costosi gioielli: era il mondo che lei amava e che le dava un senso di sicurezza, di protezione. Ivan non sopportava sua sorella quando lei l’obbligava a seguirla in un negozio: si inventava tutte le scuse per restare in casa, anche se poi, una volta fuori dal negozio, era contento di avere un cappello o un vestito nuovo. Nell’appartamento di sua sorella, Ivan trascorreva ore ed ore sdraiato su un soffice divano a contemplare un quadro o a sfogliare un libro della modesta biblioteca di casa. Ogni volta che era ospite di sua sorella aveva l’impressione di entrare in un mondo mai visitato. Provava un timore reverenziale come se si trovasse in un luogo sacro. Eppure conosceva tutto di quella casa: gli intarsi dei mobili, le bomboniere di cristallo ordinate su un tavolino vicino alla finestra, la carta soffice e color crema con le iniziali di Anastasia deposta con cura nel secondo cassetto dello scrittoio, il quadro dai colori vivi che rappresentava la ritirata dalla Russia di Napoleone Buonaparte appeso ad una parete di fronte ad una grande specchiera con la cornice dorata e ricca di fronzoli. Sapeva proprio tutto di quella casa. Fin nei minimi particolari. Tuttavia lì non si era mai sentito a suo agio: spesso era un imbranato anche quando doveva compiere semplici gesti, come muoversi da una stanza all’altra, e camminare su tappeti persiani e mattonelle maiolicate; faceva sempre attenzione quando apriva o chiudeva una porta, e, se era tanto forte da badare ad un cavallo imbizzarrito, era poi impacciato e debole quando doveva servirsi di un cucchiaino d’argento per versare dello zucchero in una tazza bianca e azzurrina colma di tè: tenendo il cucchiaino avvertiva i calli del palmo della mano e si sentiva come un misero servo della gleba. Gli piacevano molto le pietanze preparate con cura dall’anziana donna e i sorrisi della giovane Nina. Poi, però, all’improvviso, sentiva la nostalgia per la sua fattoria e gli mancava moltissimo l’odore e l’aria della campagna: ordinava allora al servo di preparare il calesse e nel giro di qualche ora era già sulla strada del ritorno, senza nemmeno aver dato il tempo ad Anastasia di rendersi conto che lui era andato via. Sua sorella era una donna molto intelligente e consapevole delle sue qualità; sapeva soprattutto come sfruttare le proprie doti per ottenerne dei benefici. Non era molto bella anche se si dava un gran da fare con creme e cosmetici. Aveva i capelli molto lunghi e gli occhi castani, ma la sua vera dote era quella di saper comunicare ciò che i suoi interlocutori si aspettassero da lei. Sapeva cosa voleva dalla vita e riusciva ad ottenere ciò che desiderava. Era molto amica del vecchio conte Aleksandr Žukov che riceveva spesso nel suo salotto. In cittàŽukov non era solo un vecchio generale della cavalleria collocato nella riserva già da circa cinque anni: negli ambienti militari conservava ancora tutto il suo prestigio e le sue ricchezze potevano corrompere anche i più alti burocrati del paese. Dalla vita Anastasia voleva ottenere tutto: aveva molti progetti e spesso le capitava di dover attendere che si verificassero certe situazioni. Era sempre attenta e scrutava fin dentro le midolla le persone che arrivava a conoscere. Aveva la soluzione per ogni imprevisto e non si scoraggiava quasi mai: quando un suo progetto sfumava, con la fantasia e la voglia di affermarsi ne elaborava altri due. Qualche anno prima aveva desiderato diventare la favorita di Aleksandr Žukov: lo vedeva uscire ogni mattina dal palazzo di fronte al suo appartamento. Era sicura che sarebbe riuscita nei suoi intenti: guardava il palazzo del vecchio generale dalle feritoie delle cantine fino su agli abbaini, e a se stessa ripeteva che tutto quell’edificio di quattro piani e con un ampio cortile interno, sarebbe diventato suo. "Guarda questo palazzo - diceva a Nina che era intenta a sbrigare le faccende domestiche - e dimmi se un giorno non sarà mio! Lo avrò. Pensi che lì mi troverò bene? Manderò via tutti gli inquilini. Dovrà essere solo mio". Nina credeva nella sua padrona. La guardava quasi estasiata mentre di buon mattino le rifaceva il letto e lei, Anastasia, a piedi nudi ed in camicia da notte, continuava a parlarle ancora per un po’ indicandole il palazzo con lo sguardo, mentre le sue dita accarezzavano e giocherellavano con un bordo della tenda della finestra, ed i suoi occhi avidi si illuminavano alla vista del palazzo del vecchio generale. Ora Anastasia conosceva Aleksandr Žukov e Aleksandr Žukov era pronto a dannarsi l’anima per la giovane e intelligente Anastasia. Ma a lei non interessava più quel vecchio e fatiscente palazzo: era una miseria in confronto a ciò che poteva offrirle il granduca Pëtr Aleksandrovic Baženov, cognato di Aleksandr Žukov ed intimo amico dello zar di tutte le Russie. Con le ali della fantasia Anastasia volava su oceani infiniti: prima o poi avrebbe avuto l’occasione per essere presentata a Pëtr Aleksandrovic Baženov e conquistarlo; avrebbe così lasciato la sua città, una città di provincia, per una grande capitale. Convincere Pëtr Aleksandrovic Baženov a portarla a San Pietroburgo? Sarebbe stato facile, molto facile. Ed anche a San Pietroburgo, insieme a Pëtr Aleksandrovic Baženov, la sua stella le avrebbe portato fortuna facendole conoscere lo zar. Ad Anastasia bastava pronunciare solo il nome dello zar che sentiva il cuore batterle forte: si girava su se stessa e non vedeva più Nina e le stanze del suo appartamento, ma immensi saloni dorati e riverenti camerieri. Era in quel mondo che voleva entrare: lì il tempo si sarebbe fermato e lei avrebbe vissuto per l’eternità. Spesso parlava con Nina dei suoi sogni e insieme trascorrevano intere mattinate a conversare mentre sbrigavano le faccende di casa. Nina ascoltava con piacere la sua padrona e se Anastasia sognava, la sua serva non era da meno. Nel suo salotto Anastasia riuniva molti ingegni ed aristocratici della città: con loro si intratteneva in spassionate conversazioni mondane. Tra gli assidui frequentatori della sua casa c’erano anche giovani intellettuali e atavici professori di lettere. Qualcuno esponeva le teorie di Freud e qualcun altro quelle di Darwin, ma i più si cimentavano ad illustrare le tecniche di guerra più consolidate e le caratteristiche delle ultime armi da fuoco; altri sostenevano che la guerra con i giapponesi del 1904 era stata persa non per mancanza di valore, ma per colpa dell’arretratezza degli armamenti nazionali. Nell’appartamento di Anastasia soggiornavano spesso stranieri provenienti da tutta Europa: pittori francesi, economisti tedeschi, letterati italiani e giuristi britannici erano sempre bene accolti. Ivan partecipava solo di rado a questi incontri mondani e quando lo faceva era per non sentire i rimproveri della sorella. Per lui si trattava solo di ascoltare inconcludenti conversazioni dove tutti volevano aver ragione e dove tutti avevano torto perché alla fine dei conti non producevano mai nulla di concreto. Si annoiava terribilmente soprattutto quando a qualcuno veniva in mente di leggere poesie o di parlare di personaggi vissuti secoli prima. E poi si sentiva a disagio: sapeva che se veniva trattato con un certo riguardo era per rispetto a sua sorella, ma che diversamente avrebbero volentieri fatto a meno di dare la mano ad un boiaro, cioè ad uno che ha a che fare direttamente con i servi, con i contadini. Seduto in mezzo ad intellettuali, aristocratici, dame e giovani ufficiali che fumando sigari o papirosy riempivano di fumo la sala, Ivan, sebbene intontito dalla vodka e dai vini del Reno, rivolgeva il pensiero alla sua fattoria e non vedeva l’ora di ritornarvi: immaginava il giardino dietro la casa, le aiuole fiorite, le feste che facevano i cani quando andava a caccia e il piacere di respirare aria fresca anziché il fumo dei sigari che aleggiava in quella sala piena di gente che non faceva altro che oziare tutto il giorno. A volte appoggiava distrattamente lo sguardo su un particolare del quadro di Napoleone e riusciva ad estraniarsi a ciò che gli accadeva attorno, facendo volare il proprio spirito, libero da ogni peso, alla ricerca di una arcaica foresta impenetrabile agli altri uomini. Una foresta che custodisse un eremo costruito tra piante secolari e tranquilli ruscelli, dove tutto ciò che si sarebbe potuto ascoltare sarebbe stato il mormorio delle acque argentate dei torrenti, il fruscio del vento, quello che alita tra le cime degli alberi, e il canto di un uccello solitario. Nel profondo del suo animo, Ivan avvertiva il desiderio di entrare in un romitaggio per lasciarsi alle spalle gli affanni e il rumore del mondo. Lontano dagli uomini, al riparo di spoglie e spesse mura monastiche, avrebbe potuto contemplare l’infinito, incantarsi dinanzi ad un crocifisso, avvertire dentro di sé lo scorrere di placide acque che conducono verso la serenità e l’assoluto, e cercare nella profondità della propria anima le radici da cui viene la vita. Poi ritornava alla sua realtà, beveva un altro goccio di zubrovka, e si convinceva che in fondo era anche una persona molto pratica, attenta ai guadagni ed al risparmio: non è che Ivan amasse il denaro più di ogni altra cosa, ma era convinto che i soldi fossero molto importanti e che rendessero un uomo libero. I discorsi che si facevano non gli interessavano per niente: mentre tutti si davano un gran da fare per esporre le proprie idee, lui si abbandonava su una soffice poltrona pensando al suo mondo, ai lavori che bisognava fare nei campi, ai crediti da riscuotere e ai debiti da onorare. Di tanto in tanto allungava la mano verso un vassoio d’argento colmo di bliny per prenderne uno che accompagnava sorseggiando zubrovka. I bliny ricchi di panna e caviale erano i suoi dolci preferiti. "Peccato che i bliny si preparino solo in occasione dei giorni grassi", si diceva tra sé Ivan ogni qualvolta che riusciva a goderne. E poi c’era la zubrovka, la vodka amata da tutti gli ospiti di Anastasia. Solo l’arrivo del generale Aleksandr Žukov gli faceva ricordare che stava da sua sorella, in mezzo a un branco di giovinastri desiderosi di emergere e a vecchi uomini di potere che si tenevano ben stretti i privilegi ereditati e da trasmettere ai propri consanguinei. Il conte Aleksandr Žukov era l’ospite più gradito e presto avrebbe compiuto settantacinque anni: non era alto, aveva un viso grasso e rotondo e due baffi bianchi. I suoi occhi sprizzavano l’orgoglio di appartenere alla sua classe ed un profondo disprezzo per i servi. Indossava sempre l’uniforme militare e il suo motto era "Laetus in praesus animus, quod ultra est, oderite curare". Era incredibilmente lento e ciò era dovuto anche al suo peso: salire le scale che conducevano all’appartamento di Anastasia rappresentava per lui una grossa fatica e certamente non ce l’avrebbe fatta senza l’aiuto del suo giovane cocchiere. Arrivato però sul pianerottolo le sue fatiche venivano ricompensate da un caloroso e giovanile abbraccio da parte di Anastasia, che con i suoi ventisei anni faceva sentire giovane anche il vecchio generale. Ad Ivan non dispiaceva l’arrivo di Aleksandr Žukov, anche perché la semplice presenza del generale faceva calmare gli animi e la conversazione prendeva tutta un’altra piega: nella sala non c’era nessuno che non pendesse dalle labbra di Žukov e tutti erano sempre pronti a dargli ragione. Era allora che Ivan metteva da parte i propri pensieri e scrutando uno ad uno i presenti, si chiedeva come facesse Anastasia ad amare quel mondo, preferire quel salotto alla vita di campagna.

Recensione libro Windows 8 Guida Rapida (Pearson)

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Dato che con il nuovo notebook Dell che dovrebbe arrivarmi proprio oggi devo iniziare a prendere piena padronanza (si spera) con Windows 8, mi sono letto, in 2 sole giornate, questo piccolo libretto della Pearson.
“Piccolo” sia come dimensioni fisiche – 14 x 21 cm – sia come numero di pagine (poco oltre le 200 e molto ricche di immagini).
Dalla copertina, stranamente, non si sa nemmeno chi sia l’autore. Da diversi screenshot si capisce invece che è tale Francesco Conigliaro di Edimatica, la società che spesso traduce libri anglosassoni per la Mondadori Informatica. Si capisce anche che il libro è stato scritto tra settembre e ottobre dell’anno scorso, quindi utilizzando, probabilmente, una versione pre-release di Windows 8.

Sin dalle prime pagine, in cui si traccia un’interessante storia di Windows, si capisce subito che questo manuale è indirizzato ad utenti alle primissime armi.
La trattazione è, infatti, veramente basilare. Tante funzionalità di Windows 8 sono appena accennate e non ci si addentra mai nei dettagli. In particolare, nel capitolo dedicato alle mail, mi sarebbe interessato trovare la spiegazione di come effettuare l’importazione dei messaggi da Windows Live Mail di Windows 7, ed invece non ce n’è proprio traccia.
Come anche avere una lista dei numerosi shortcut che offre Windows 8: anche qua nulla, se non qualcuno riportato qua e là nel testo.
Ma quello che ho apprezzato meno è la scarsa qualità delle immagini, molto sacrificate sia come dimensione che come definizione.
Qua sotto riporto 2 foto che gli ho scattato.

Nella prima si può notare la presenza di piccoli box a margine che riportato curiosità o leggeri approfondimenti sull’argomento trattato.
Ottimo invece il testo scritto: scorrevolissimo e praticamente esente da refusi di alcun tipo.

Tutto sommato quindi un libretto utile a chi pone un occhio di riguardo al prezzo (su Amazon viene 11 euro) e al piccolo formato (in modo da poterlo leggere sui mezzi pubblici, ad esempio).
Un po’ meno adatto, invece, a chi voglia conoscere Windows 8 nel dettaglio e, magari, apprezzi particolarmente i libri a colori (questo è solo in bianco & nero).
Per quanto mi riguarda credo che familiarizzerò con Windows 8 nella solita maniera, tanto smanettamento e tanta pratica.
Altri manuali su Windows 8 non li acquisterò di sicuro.

Qua sotto i dettagli e il sommario.

Sommario
Introduzione
1 – Cap. 1: Quale Windows 8?
11 – Cap. 2: Dalle finestre ai (ri)quadri
33 – Cap. 3: File e cartelle
57 – Cap. 4: Gestire il sistema
81 – Cap. 5: Reti e connessioni
107 – Cap. 6: Navigare sul Web
127 – Cap. 7: Posta, contatti e calendario
159 – Cap. 8: Allacciate le cinture
179 – Cap. 9: Con la testa tra le nuvole
197 – Cap. 10: Multimedialità a tutto schermo
223 – Indice analitico


NB:
Foto realizzate con Sony Xperia ion.

ANDROID - Eliminare Task Bar e Titolo da un'applicazione Android (Codice)

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ANDROID -   Eliminare Task Bar e Titolo da un'applicazione Android (Codice)


 

Alle volte abbiamo bisogno di proprio tutto lo spazio dello schermo per la nostra applicazione Android, come fare ? É molto semplice, questo é il codice base java :

CODICE JAVA ANDROID : (File : ArrayLibro.java )
import android.app.Activity;
import android.os.Bundle;

public class finale extends Activity {
    /** Called when the activity is first created. */
    @Override
    public void onCreate(Bundle savedInstanceState) {
        super.onCreate(savedInstanceState);
        setContentView(R.layout.main);
    }
}

CODICE JAVA ANDROID : 
//Elimino taskbar e titolo
requestWindowFeature(Window.FEATURE_NO_TITLE);
getWindow().setFlags(WindowManager.LayoutParams.FLAG_FULLSCREEN,
WindowManager.LayoutParams.FLAG_FULLSCREEN);
//Elimino taskbar e titolo
Adesso inseriamo tre righe di codice :

CODICE JAVA ANDROID : 
import android.app.Activity;
import android.os.Bundle;
import android.view.Window;

public class MainActivity extends Activity {
    /** Called when the activity is first created. */
    @Override
    public void onCreate(Bundle savedInstanceState) {
        super.onCreate(savedInstanceState);
        //Elimino taskbar e titolo
        requestWindowFeature(Window.FEATURE_NO_TITLE);
        getWindow().setFlags(WindowManager.LayoutParams.FLAG_FULLSCREEN,
        WindowManager.LayoutParams.FLAG_FULLSCREEN);
       //Elimino taskbar e titolo
        setContentView(R.layout.activity_main);
    }
}
By ImaginSystems & Queen Gin

SQL Server & Business Intelligence 2013

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Finalmente ci siamo, la SQL Server & Business Intelligence avrà luogo a fine maggio a Milano, per parlare di tutto quanto possibile sulla famiglia Microsoft SQL Server in ottica di Business Intelligence.


"SQL Server & Business Intelligence Conference 2013 è l’appuntamento annuale per tutti gli specialisti che lavorano con i prodotti della famiglia Microsoft SQL Server e si occupano di Business Intelligence con tecnologie Microsoft.
A distanza di un anno dal rilascio di Microsoft SQL Server 2012, questa edizione sarà focalizzata su molti approfondimenti della parte relazionale, con l’obiettivo di consolidare le conoscenze e migliorare l’adozione delle best practice. Per quanto riguarda la sezione di Business Intelligence, oltre a sessioni di approfondimento su tecnologie già presentate un anno fa, ci sarà anche spazio per le novità rilasciate negli ultimi 12 mesi, in particolare sul lato client (Excel e SharePoint in particolare)."


Speaker, sessioni e round-table
Quest'anno l'evento presenterà tredici speaker: "Conoscenza, esperienza sul campo e capacità espositiva sono le loro caratteristiche principali."
Inoltre oltre alle due sale ve ne sarà una terza dedicata alla round-table: "Si tratta di una vera e propria tavola rotonda dove il titolo indicato in agenda identifica un argomento che sarà l’oggetto delle domande e degli interventi da parte di partecipanti e relatori."

La lista delle sessioni qui.
Da non dimenticare la SQLClinic: "Anche quest'anno avrai la possibilità di passare dai dottori della SQL Clinic per chiedere assistenza e tornare a casa con la medicina giusta"

Logistica
Data dell'evento: 28-29 maggio

Per ulteriori informazioni, riferirsi alla sezione FAQ.

Informazioni sui social:

Twitter:  @conferenze        #SQL2013



Mi raccomando, non mancate!

Stay Tuned! 


Il boiaro, capitolo V

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Capitolo V La fattoria di Ivan Vasil’evic Nikonov era un minuscolo e tranquillo regno che un uomo - conosciuto solo da poche centinaia di persone - possedeva in una remota regione dell’immenso impero russo; anche la vita che Anastasia conduceva in quell’alta società di provincia dell’altrettanto sconosciuta porzione del pianeta, sembrava al riparo dai grandi turbamenti cui la storia assiste quando si degna di prestare attenzione alle vicende degli uomini. Le ambizioni di Anastasia e la ristretta visuale che Ivan aveva del mondo, non consentivano a nessuno dei due di cogliere e valutare il cammino millenario delle vicende della memoria umana. Eppure la storia, con il suo interminabile andare avanti, tocca o sfiora tutti: chi più, chi meno è coinvolto dal suo passaggio. La vicissitudini della fattoria di Ivan non erano altro, in fondo, che un riflesso della vita che si conduceva nelle terre di tutta la nazione, e che il trascorrere dei secoli non aveva fatto altro che spingere in una sonnolenza sempre più profonda. Forse Ivan non si era mai chiesto se fosse giusto o meno tenere sottomessi i suoi servi, che pure erano uomini e donne fatti di carne, con un cuore ed un’intelligenza, animati da sentimenti e da paure, che sapevano giudicare ed esprimere un’opinione. Erano uomini e donne come lui e sua sorella. Qualche volta si era chiesto come si sarebbe svolto il Giudizio universale e aveva provato ad immaginare l’aldilà: "Servi e padroni insieme davanti alla luce di Dio? Se i servi sono stati creati per questa terra - si diceva Ivan - è perché serviranno anche nella vita futura". Intanto sotto la cenere della società dell’opulenza qualcosa ardeva: erano le speranze degli ultimi, di chi non aveva smesso di piangere da quando era venuto alla luce. La Rivoluzione iniziò a prendere forma, a fermentare e a crescere ad opera degli operai e dei contadini che marcivano nelle fabbriche e nelle campagne. Qualcuno notò i primi sintomi di un malessere millenario e si rese conto che così non si poteva andare avanti: presagì la catastrofe ed emigrò in paesi stranieri prima che la scure si abbattesse sul suo capo. Anastasia ascoltando con attenzione Aleksandr Žukov, intuì questo qualcosa di nuovo che stava per accadere. Ma che cosa? Che il suo mondo stava per venire in urto contro un nuovo mondo che nessuno riusciva ancora a definire? Ed era possibile tutto ciò? Aveva tanti dubbi, ma si convinse che doveva correre ai ripari e chiamò a sé il fratello. Ivan si mostrò subito scettico: "I nostri servi vogliono ribellarsi? E come? E se anche dovessero commettere la sciocchezza di farci del male, non sanno che il giudice del villaggio li punirà? E come porteranno avanti la fattoria e chi li sfamerà? Il grano non si produce solo quando la mano del contadino semina o miete o con la benedizione del buon Dio: c’è bisogno anche della frusta del padrone per produrre grano a buon mercato". A convincere Ivan intervenne allora lo stesso Aleksandr Žukov: "Procuratevi del denaro e lasciate un uomo di fiducia nella fattoria che sappia tutelare i vostri interessi. Quando poi lo zar rimetterà tutto a posto ritornerete in città o al villaggio. Ma ora è meglio partire: lasciate quanto prima la nostra regione". Le parole del vecchio generale Aleksandr Žukov e qualche lacrima di Anastasia convinsero Ivan a vendere i frutti delle ricche messi di quella buona stagione: non fu per niente difficile combinare un buon affare con Boris Viktorovic Kaširin, che da quando era scoppiata la guerra con la Germania chiedeva sempre animali macellati e grano da spedire al fronte. Alla notizia che Ivan stava concludendo dei buoni affari con Boris Viktorovic Kaširin, il conte Aleksandr Žukov si rallegrò con Anastasia. "Bravi - disse il vecchio generale - avete preso una saggia decisione per voi due e per la Patria. I nostri militari hanno bisogno di nutrirsi per combattere e i vostri contadini ci penseranno dieci, cento, mille volte prima di ribellarsi sapendo che andranno incontro ad una morte per fame". Anche il boiaro Ivan Vasil’evic Nikonov contribuì così alla difesa della Nazione: le carni dei suoi maiali finirono sui tavoli delle mense degli ufficiali chiamati attorno ad una carta geografica per decidere le sorti delle battaglie e della guerra, mentre il suo grano divenne pane per i soldati immersi nel fango delle trincee accanto ai loro compagni morenti. Soldati che dovevano sparare aspettando il proprio turno per essere colpiti e seppelliti tutti insieme in una fossa comune così grande da farli precipitare nell’oblio. Come uomo di fiducia a cui affidare la fattoria durante la sua assenza, Ivan non ci pensò due volte: scelse subito Andrej Svjatoslavov. Costui si era mostrato sempre fedele anche quando sua figlia, tra le lacrime, gli aveva detto che il padrone abusava di lei. Erano anni che il fattore stava al servizio della famiglia Nikonov; si intendeva anche di aritmetica e sapeva trattare i servi. Man mano che il fuoco della Rivoluzione si avvicinava alle loro terre, Ivan e Anastasia si davano da fare per i preparativi della partenza. Anastasia aveva molta fretta: voleva raggiungere un posto sicuro. Dove sarebbero andati di preciso non lo sapevano ancora, ma di certo avrebbero preso la direzione opposta a quella di Michail Mejendorf, che dopo aver affidato sua figlia ad una coppia di amici, era partito per una zona dell’impero dove più forti erano le tensioni e gli scontri a fuoco tra bolscevichi e guardia nazionale. Nell’ultima lettera che Ivan aveva ricevuto, Mejendorf gli aveva scritto di essersi aggregato ad un gruppo di boiari e di aver già ottenuto qualche risultato positivo nel riportare l’ordine in alcuni villaggi. Prima di partire Mejendorf aveva insistito con ogni mezzo affinché Ivan si decidesse a seguirlo. Ma non c’era stato verso: Ivan lo giudicò un pazzo. "Sono cose che deve fare l’esercito - gli diceva Ivan -, il nostro compito è quello di restare nelle nostre proprietà per mantenere qui la legge dei nostri padri". Era questa la strada che lui voleva seguire finché fosse stato possibile: perché andare a morire per salvare la fattoria di un altro boiaro quando nella sua proprietà era sempre riverito dai contadini? Certo, si intravedeva un certo malumore dovuto alle notizie che circolavano, ma non bisognava scoraggiarsi. E poi lui poteva contare su Andrej Svjatoslavov, che si dava un gran da fare per allontanare dal padrone ogni grattacapo. Boris Viktorovic Kaširin non tardò a venire con i suoi carri per l’ultimo viaggio. Pagò bene ciò che prese da Ivan e lasciò quel poco che bastava per far sopravvivere nell’inopia la piccola comunità per un inverno intero. Tra i servi non mancò chi si allarmò e chi tentò di far ragionare i compagni: tutto inutile. Caricarono in silenzio i carri e poi muti e a volto chino andarono a riposarsi all’ombra delle querce. Quella stessa notte, però, tutti i servi furono svegliati nel sonno dal fattore che li convocò nell’ultima stalla, in modo che difficilmente il padrone potesse accorgersi della loro riunione. "Vogliamo sopravvivere - ringhiava Andrej Svjatoslavov - o aspettare che l’inverno ci uccida tutti iniziando dai bambini? Il padrone si è venduto tutte le bestie e il grano per trascorrere una comoda vita fregandosene di noi e delle nostre famiglie. Dopo che la Rivoluzione sarà passata, dopo che il prossimo inverno sarà trascorso, lui tornerà e quanti di noi saranno sopravvissuti riceveranno il premio di servirlo ancora. Se dobbiamo morire, se hanno deciso di ucciderci, decidiamo almeno noi come morire!". Al chiarore della luce di una lanterna guardava i volti impauriti dei servi che mai avevano pensato di poter tradire il loro padrone, anche se questi era la persona che più detestavano e che più li faceva soffrire a colpi di frusta e di privazioni di ogni sorta."Cosa possiamo fargli? - chiese Nikolaj, un contadino di mezza età -. Se restiamo uniti sarà uno scherzo catturarlo... ma poi? Che gli faremo?". Era ciò che Andrej Svjatoslavov voleva sentirsi dire: senza scomporsi e guardando diritto negli occhi del suo interlocutore, prese con la mano destra la lanterna e gli si avvicinò dicendogli: "Abbiamo asce e bastoni. Andiamo subito nella sua camera e prima che lui apra gli occhi si sentirà già le corde ai polsi ed al collo. Lo trascineremo giù per le scale e lo porteremo fin sotto alle querce per fargli fare la fine del maiale. Poi lo seppelliremo, e se domani ci chiederanno di lui, diremo che è partito. Ecco cosa faremo". Nikolaj sentì sul volto il fiato caldo e ripugnante di Andrej Svjatoslavov e un grande vuoto dentro di sé: le forze gli stavano per venire meno e brividi freddi percorsero il suo corpo. Uccidere il padrone? Era la prima volta che Nikolaj provò l’impressione di svenire. Tutti i contadini ascoltarono in silenzio le parole del fattore: molti provavano timore per una simile impresa, anche se le loro schiene non smettevano mai di accusare il dolore per i suoi calci e le sue frustate. Andrej Svjatoslavov si girava intorno e sfidava con lo sguardo tutti i contadini, sicuro di sé e della possibilità di raggiungere i propri scopi. Ma quando fu per incitare i servi ad armarsi, intervenne Igor’ e con lui Aleksandr, il giovane servo che solitamente accompagnava il padrone in città. Igor’ aveva molto di cui lamentarsi di Ivan, ma non condivideva l’idea di ucciderlo. "Non abbiamo ancora questo diritto. Certo - ammise Igor’ con la voce pacata - rischiamo di morire tutti di fame questo inverno, ma prima di passare alle maniere forti bisogna dargli la possibilità di ritornare sui suoi passi. Farlo ragionare. Non può abbandonarci così. Del resto, la sua morte non allontanerà l’inverno, né farà ritornare qui quello che ha preso Boris Viktorovic Kaširin". Igor’ non terminò nemmeno di parlare che nacque un’animata discussione tra i presenti. Le voci erano discordanti e tendevano ad aumentare: solo quando qualcuno ricordava loro che il padrone poteva ascoltarli, si calmavano. In qualche momento di maggior confusione non mancò chi ne approfittò per andarsene a dormire sperando di aver fatto solo un brutto sogno. A fatica Igor’ convinse i servi a tentare una trattativa. Andrej Svjatoslavov non era per nulla d’accordo, ma dovette arrendersi quando si rese conto che i servi erano dalla parte di Igor’. Dopo alcune ore di strenue discussioni, i servi decisero di parlare apertamente con il padrone: gli avrebbero rinfacciato tutte le sue malefatte e avrebbero preteso una parte del denaro ricavato dalla vendita di quel giorno, sufficiente per sopravvivere all’inverno. Solo se il padrone avesse rifiutato di stipulare un patto, sarebbero ricorsi alla proposta del fattore. Nelle prime ore della mattina del giorno seguente Andrej Svjatoslavov si recò subito dal padrone per riferirgli che stava per accadere qualcosa di brutto nella fattoria. "Chi può darci dei fastidi?", chiese Ivan. Il fattore ci pensò un attimo e poi, senza alcuna esitazione, rispose: "Facciamo attenzione a Igor’. Mi aspetto di tutto da quel servo". Il padrone sorrise e si lisciò i baffi: conosceva quel bifolco di Igor’ e sapeva come trattarlo. Pensò però che non fosse opportuno intervenire subito. Entro quella giornata doveva ancora portare a termine una faccenda delicata: seppellire una cassetta piena di documenti e oggetti preziosi in un luogo sicuro del giardino. Decise, quindi, di partire il mattino seguente, ma non prima di aver punito quanti potevano intralciare i compiti del fattore.

Falzè di Trevignano, incontro sul carcere

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Ieri sera, a Falzè di Trevignano, nel corso di un incontro pubblico, ho avuto modo insieme a don Pietro Zardo di descrivere la realtà della detenzione a Treviso.
Ci sono stati alcuni punti che mi fanno riflettere.
1. La storia di una bambina di quinta elementare che a scuola viene emarginata dalle compagne perché figlia di un detenuto. Mi chiedo: come crescerà questa bambina? Che adulta sarà? E il papà che ora è in carcere e che dai colloqui che ha con la figlia percepisce il suo malessere, quali sentimenti coverà dentro di sé?
2. La pedofilia rientra tra i reati più odiosi e non si può mai giustificare. E' facile scagliare contro un pedofilo la prima e anche la seconda pietra. Intanto, però, ci si chiede com'è stata l'infanzia di un adulto che ora è pedofilo? Insomma, quanti pedofili hanno, da bambini, subito violenze? E come le hanno elaborate? Quando, da bambini, hanno provato a parlarne con qualche adulto, hanno ricevuto ascolto e sostegno oppure sono stati, paradossalmente, additati come responsabili delle violenze subite?
3. In questi ultimi tempi nel carcere di Treviso sono reclusi, mediamente, trecento detenuti. Una cinquantina di essi hanno la possibilità di lavorare in 4 diversi laboratori e nei servizi del carcere (cucina, pulizie, ecc.); altri cento detenuti riescono a seguire dei corsi scolastici e impiegano, così, parte della propria giornata. Ci sono, però, circa centocinquanta reclusi che trascorrono quattro ore all'aria aperta (due ore la mattina e due nel pomeriggio) e ben venti ore chiusi in cella. Mi chiedo: venti ore trascorse ogni giorno ad oziare è il prezzo imposto dalla nostra giustizia per i rei?

Il mio nuovo libro “Visual Studio Express 2012 for Windows Desktop – Primo contatto"

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Vi annuncio che ho pubblicato il mio 10° libro di informatica!

copertina

Il mio nuovo libro, insieme agli altri che faranno parte della collana de “I Componibili”, vuole essere una risorsa utile, sia come guida teorico-pratica per chi già conosce la programmazione .NET, sia per chi vuole utilizzare questo ambiente di sviluppo per imparare a programmare o per insegnare ad altri a programmare.

La spiegazione è dettagliata, ma anche espressa con un linguaggio semplice e accessibile a tutti i lettori. In questo modo, può costituire una guida completa degli argomenti trattati, per essere un utile supporto per chi volesse reperire le informazioni che gli servono per lavorare o per chi volesse utilizzare questo libro come “libro di testo” per dei corsi di programmazione.

Come autore di libri di informatica e di programmazione (prima di questo ne ho pubblicati nove), finora ho avuto la tendenza, peraltro comune a molti altri autori di manuali di informatica, a scrivere libri sempre più voluminosi. Il libro più grande che ho pubblicato (“Visual Basic 2010 spiegato a mia nonna”, edito da Edizioni FAG) ha una dimensione di circa 800 pagine e contiene tutto il materiale che può essere utile per imparare a programmare con questo linguaggio e per conoscere molte tecniche utili. Tuttavia un solo libro non può fornire TUTTE le informazioni tecniche che al giorno d’oggi servono a un programmatore (di qualsiasi linguaggio e su qualsiasi piattaforma tecnologica).

Come seconda considerazione, un manuale voluminoso ha anche un costo importante che non tutti, oggi, sono in grado di sostenere a causa della grave crisi economica che ha colpito gli italiani, ma anche la maggior parte del mondo.

Ecco quindi che si rende necessario avere dei contenuti a costi accessibili e magari dei libri che non pesino quanto un mattone.

Vorremmo anche, probabilmente, avere solo i contenuti che ci interessano e non tutti i contenuti che possono essere anche solo lontanamente immaginati. Se siamo programmatori di applicazioni per Windows 8 e non ci interessa programmare per l’ambiente Desktop di Windows, probabilmente non saremo interessati ad avere un libro in cui metà dei contenuti sono dedicati alla programmazione di applicazioni per Console, con Windows Form o con WPF. Viceversa, se dobbiamo imparare il linguaggio Visual Basic per fini didattici, probabilmente non ci interesserà più di tanto la programmazione con XAML o con Windows 8: potrebbe essere sufficiente utilizzare la Console o le finestre di Windows Form.

Da qui l’idea de “I Componibili”: una serie di libri leggeri, snelli, monotematici. Quasi delle “monografie” dedicate a un singolo argomento o a una categoria di argomenti. Alcuni libri della serie “I Componibili” saranno dedicati a ciascuna edizione di Visual Studio Express 2012, uno alle istruzioni “pure” di Visual Basic, uno a C#, uno all’IDE, uno alle tecniche di programmazione per Windows 8, uno sulle basi della OOP (programmazione orientata agli oggetti) e così via.

La collana, quindi, sarà formata da più libri, dal costo notevolmente più economico dei classici “manualoni”, ma “componibili”: ognuno potrà scegliere se acquistarne uno solo, più di uno o anche tutti, in base alle proprie possibilità economiche, ai propri interessi e alle proprie necessità.

L’elenco dei libri che compongono la collana “I Componibili” è disponibile nel sito http://books.deghetto.it, dove potrete trovare esempi di capitoli in formato PDF, riferimenti, informazioni sui prezzi e sulle modalità di acquisto e così via.

Contenuti del libro

Questo libro è un “primo contatto” con Visual Studio Express 2012 for Windows Desktop, l’ambiente di sviluppo dedicato alle applicazioni per Console e per il Desktop di Windows.

È formato dai seguenti capitoli:

1. nel primo capitolo vengono esaminate tutte le edizioni di Visual Studio 2012, da quelle più costose a quelle gratuite (Express). Sono indicati i requisiti hardware e software richiesti per poter installare l’ambiente di sviluppo, la compatibilità con la versione 2010 e un cenno ai linguaggi VB e C#;

2. nel secondo capitolo viene analizzata a fondo la procedura di installazione di Visual Studio Express 2012 for Windows Desktop, con tutte le modalità per la registrazione e per l’attivazione del prodotto;

3. nel terzo capitolo si esamina cosa succede al primo avvio dell’ambiente di sviluppo e quali sono le scelte che ogni utente deve necessariamente effettuare per poter iniziare a lavorare;

4. nel quarto capitolo esaminiamo le modalità di installazione degli aggiornamenti, sia attraverso i nuovi “Update” di Visual Studio 2012, sia attraverso NuGet. È spiegato anche come fare per installare su più macchine un aggiornamento di tipo “Update” scaricando il pacchetto di installazione una sola volta;

5. nel quinto e ultimo capitolo esaminiamo la guida nelle sue due forme: la guida locale e la guida online. Potrete così conoscere come si installano le sezioni della guida in locale e come si può procedere all’aggiornamento dei contenuti.

Tutti i capitoli terminano con utili esercizi di autoverifica, così che ogni lettore potrà verificare autonomamente di aver acquisito tutti i concetti fondamentali.

A completamento, è stata inserita l’Appendice A che permette di conoscere le modalità per registrarsi e per ottenere le proprie credenziali Windows Live ID.

How to have few NAV 2013 services on the same server and port sharing

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Very useful post by Microsoft Dynamics NAV Team Blog about few NAV 2013 Services on same server and NAV 2013 port sharing

link:  http://blogs.msdn.com/b/nav/archive/2012/10/18/how-to-have-few-microsoft-dynamics-nav-2013-services-on-the-same-server.aspx

 

FEW NAV SERVICES

With Microsoft Dynamics NAV 2013 we have few solutions how to create new NAV service (NST). First NAV 2013 Service we already have installed by NAV DVD and now we want to have mor

1) If we want to have few instances of service tier connected to the same or different db. Then we can:

  1. a. Use Microsoft Dynamics NAV Administration Tools (Administration console) as described at http://msdn.microsoft.com/en-us/library/hh165851(v=nav.70).aspx . With it we can create new instance of the same service as it is described at http://msdn.microsoft.com/en-us/library/hh168936(v=nav.70).aspx .
  2. b. Use Microsoft Dynamics NAV Windows PowerShell Cmdlets. This can be done by running Microsoft Dynamics NAV Shell and execute cmdlet “New-NAVServerInstance” as it is described at http://msdn.microsoft.com/en-us/library/hh173394(v=nav.70).aspx . Required parameters can be find by execute “Get-Help New-NAVServerInstance –full” in shell. But for example if I want to create new instance named “TestNAV70” then I execute:
    New-NAVServerInstance -ServerInstance TestNAV70 -ClientServicesPort 7600 -ManagementServicesPort 7601 -ODataServicesPort 7602 -SOAPServicesPort 7603
    Four ports parameters are required to add here.
    There will be new folder TestNAV70 created in c:\Program Files\Microsoft Dynamics NAV\70\Service\Instances and it includes two configuration files.
    This instance will be visible in Microsoft Dynamics NAV Administration Tools, where you can change database name, start, stop service etc.
    Users now can connect to these instances and work with RTC.
    Advantages: easy/simple creation, usage and administration. For example, have customer db and want to see how report works on it in comparing to Cronus: create new instance, point it to customer db, run RTC using these ports and connect to required service.
    Disadvantages: Used another ports – RTC configs need to be modified. Firewall need to be configured. Used the same binaries.

2) If we want to have fully separate services (including binaries):

  1. a. We can use the same way as it was in NAV 2009 – use sc.exe utility and execute it with parameters as it is described at http://blogs.msdn.com/b/nav/archive/2009/10/20/creating-a-web-service-manually-the-importance-of-what-name-you-give-it-and-a-few-small-things-to-remember.aspx or at http://blogs.msdn.com/b/freddyk/archive/2008/10/29/multiple-service-tiers.aspx
  2. b. Or use Windows power shell “New-Service” tasklet like:
    New-Service -Name 'MicrosoftDynamicsNAVServer$TestNAV70' -BinaryPathName '"D:\NAV 7\Service\Microsoft.Dynamics.Nav.Server.exe" $TestNAV70 /config "D:\NAV 7\Service\Microsoft.Dynamics.NAV.Server.exe.config"' -DependsOn 'NetTcpPortSharing' -Description 'Service handling TestNAV70' -DisplayName 'Microsoft Dynamics NAV 70 Server [TestNAV70]' -StartupType Manual
    Here my new service is ‘TestNAV70’ and binaries are in folder ‘D:\NAV 7\Service’. Service depends on 'NetTcpPortSharing'.
    Now I can modify servise CustomSettings.Config file to force to connect to required db, use required ports, name service instance (for example ‘NAV70Test’). ATTENTION: when RTC connects to service instance, it must to use in service CustomSettings.Config file described ports and service instance name (Not windows service name used in service creation TestNAV70, but service instance name – NAV70Test).

    Advantages: Can use different binaries (builds or versions); can share the same ports between few services – users can use the same client config file, just change service instance name.
    Disadvantages: Not easy to create and configure.

In both ways created services can be managed using Microsoft Dynamics NAV Administration Tools, so it is very easy modify services for any further needs. However if we try to remove service by using function “Remove”, then tools uninstall service and remove folder (including all binaries) and this can be problem if we have few services based on the same binaries folder.

PORT SHARING

Few Microsoft Dynamics NAV 2013 services can share the same TCP communication ports (Attention: do not mix it with NAV 2009). However, here are few tricks need to do before we use port sharing

1) Windows service NetTcpPortSharing must to run on computer where NAV services are running. By default this service is not started, so you need to set service “startup type” to “Automatic” and start it.

2) Any NAV 2013 service need to be modified by adding dependency (DependsOn) – Net.Tcp Port Sharing Service. This can be done in few ways:

  1. a. During service install add parameter “-DependsOn 'NetTcpPortSharing'”
  2. b. Use sc.exe utility to modify existing services like: sc.exe config ‘MicrosoftDynamicsNAVServer$NAV70’ depend= NetTcpPortSharing
  3. c. Modify windows registry key using regedit utility. Go to HKLM\System\CurrentControlSet\Services\MicrosoftDynamcisNAVServer$NAV70; and add/modify key DependOnService = NetTcpPortSha

by GedasBusniauskas, Microsoft Lithuania, Microsoft Customer Service and Support (CSS) EMEA

Errore 1935: "si è verificato un errore durante l'installazione del componente assembly"

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Messaggio di errore quando si installa Microsoft Dynamics NAV 5.0 Service Pack 1: "Errore 1935: si è verificato un errore durante l'installazione del componente assembly"

Quando si installa Microsoft Dynamics NAV 5.0 Service Pack 1 (SP1), viene visualizzato il seguente messaggio di errore:

Errore 1935: Si è verificato un errore durante l'installazione del componente assembly {98CB24AD-52FB-DB5F-A01F-C8B3B9A1E18E}. HRESULT: 0X800736CC.
 
Risoluzione
Per risolvere questo problema, installare Microsoft Visual C++ 2005 Service Pack 1 (SP1) Redistributable Package (x86).

Per ottenere Microsoft Visual C++ 2005 SP1 Redistributable Package (x86), visitare il seguente sito Web area Download Microsoft:
 
Nota. Il (x86) versione di questo pacchetto deve essere installata anche se si installa Microsoft Dynamics NAV in un computer basato su x64.
 
 

Contattare l'assistenza delle aziende

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Parlare con il servizio di assistenza delle aziende è spesso complicato.
Il primo problema da evitare consiste nell'individuare il numero corretto da utilizzare visto che spesso vengono proposti contatti differenti in base al motivo della chiamata.

Uno strumento utile per trovare il numero giusto da utilizzare per chiamare il servizio di assistenza è rappresentato da TrovaNumeroVerde che è uno strumento facile da usare.

Attraverso questo sito è possibile trovare il numero verde delle diverse aziende velocemente.
Per individuare il numero bisogna usare il modulo presente nella parte sinistra della pagina.

Per ogni impresa troviamo un articolo con informazioni precise su come contattare un operatore utilizzando il numero verde.

Tra le richieste più comuni troviamo quella su Sky numero verde.
L'azienda propone un numero gratuito per ottenere informazioni dettagliate sull'abbonamento e uno a pagamento da usare per contattare un operatore.

Numerose sono anche le ricerche per Inps numero verde.
L'ente pubblico mette a disposizione un numero gratuito da telefono fisso tramite cui ottenere informazioni utili velocemente.

Il sito costituisce quindi uno strumento interessante per capire come contattare un'azienda per parlare con il servizio clienti velocemente.
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